Andrea Caccia, regista da sempre al lavoro sull’interrogazione del reale, confessa apertamente la propria crisi, dopo tanti film e altrettanti anni di ricerca in cui ha pensato il cinema come strumento di conoscenza del mondo. Non si tratta solo della sua carriera: in un mondo dove reale e virtuale si confondono e il gesto creativo è assoggettato all’esposizione e al consenso, oggi lo sguardo di chiunque è offuscato, e la realtà non se la passa certo meglio. Che fare?
Forse è venuto il momento di mettere in scena la propria fine. Un salto vertiginoso che richiede un’identità inattesa e soprattutto nuove strade. È così che A.C. Sauvage cerca una band, giovane e talentuosa, per realizzare il suo prossimo film in forma di disco: Death Agenda. Diciotto tracce quanto più diverse tra loro, ma accomunate dallo stesso filo rosso: il racconto di uno sguardo arrivato al capolinea, bisognoso di morire per rinascere in una nuova forma. O forse, semplicemente, di ritrovare il proprio fondamento.
Un film diario o un film d’archivio? Entrambe le cose o nessuna? Uno sguardo al passato o al futuro? Cosa sia questo film, me lo chiedo datroppo tempo ed è arrivato il momento di scriverlo, o meglio ancora: farlo. Partiamo proprio dallo sguardo, origine e al tempo stesso fine. Dopo tanti anni di lavoro sulla profondità del reale, ne sono stato risucchiato dentro, come in un buco nero. Esausto e in frantumi, quello sguardo cerca un nuovo senso attraverso il confronto con i giovani, verso nuove forme in divenire, pronto all’autocritica o alla polemica, alla rinascita o alla resa. Un film di frammenti o frammenti di un film, questo è – o dovrebbe essere – Death Agenda; un album di canzoni, un puzzle senza disegno, un divertissement o forse uno stratagemma per fermare il tempo.