Dal pianeta degli umani inizia nel silenzio della frontiera di Ventimiglia, tra Italia e Francia, una frontiera di cui non si parla più, con migliaia di migranti bloccati, ed è anche peggio, questo silenzio, come se nulla fosse successo, nulla stesse accadendo. Il film inizia come un sopralluogo e diventa una fiaba fantastica, narrata da un coro di rane. In questa fiaba uno scienziato sperimenta una cura di ringiovanimento con testicoli di scimmia. Il Dottor Voronoff è realmente esistito, nei “ruggenti anni venti” la sua fama fu planetaria. Si cantavano canzoni su di lui, alle Folies Bergères, nelle Samba del Carnevale di Rio de Janeiro… Mikhail Bulgakov si ispirò a lui per il protagonista di Cuore di Cane. Mussolini voleva voronofizzare l’Italia… Poi l’oblio, come se non fosse mai esistito. Come se fosse il personaggio di un film fantastico dell’epoca, sull’Isola del Docteur Moreau. La sua villa sta lì, sopra la frontiera. Le gabbie delle scimmie sono lì, nel silenzio. In questo silenzio i migranti non esistono – non possono esistere nella vacanza permanente della splendida riviera sul Mediterraneo.

Tutto è come in una fiaba. Niente è successo, niente sta succedendo. Si inizia sempre una fiaba con «C’era una volta», “C’era una volta” si svolge in un altro tempo, non in quello che viviamo. Il film è una fiaba del presente, narrata da un coro di rane. Le rane sono dappertutto e sono invisibili, sono quasi immortali. Le ho ascoltate, notte dopo notte, durante i sopralluoghi...

 

Volevo solo andare sui luoghi della frontiera. Vedere, essere sui luoghi. Un sopralluogo. Siamo sempre sui luoghi dopo che qualcosa sia successo. E sembra che non sia successo nulla. O siamo nei luoghi durante, ma tutto si svolge in silenzio. Non sta succedendo nulla. Ogni giorno, ogni notte, i migranti tentano il passaggio. Vengono fermati, respinti, rinchusi, picchiati, cacciati - ritentano. Ma non esistono. Siamo sulla splendida riviera della vacanza permanente. Siamo nel silenzio della frontiera, come se non stesse succedendo niente, come se quello che succede non avesse più realtà, nel presente in tempo reale

– ma succedesse in un altro tempo e un altro spazio. A quei tempi – così iniziano le fiabe.

In quei tempi, su questa stessa riviera fiabesca, viveva uno scienziato che esplorava la causa profonda della morte, per capire se la vita aveva previsto la morte. La sua cura di ringiovanimento con trapianti di testicoli di scimmia sull’uomo lo rese famoso sul pianeta intero.

Poi l’oblio. Quando mi hanno raccontato di Serge Voronoff, mi hanno mostrato la villa sulla frontiera, le gabbie in rovina dove allevava le scimmie, ho pensato al personaggio di un film fantastico dell’epoca. Un Dottor Moreau, o lo scienziato dell’Invenzione di Morel, il romanzo di Adolfo Bioy Casares, che ha inventato degli spettri dell’eternità.

Mi sono detto che se devo raccontare il silenzio di questa frontiera, lo racconto come in un film fantastico, di un’altra epoca, una fiaba del presente.

La storia di Voronoff s’intreccia con la storia dell’epoca. Ebreo russo, ha conosciuto i pogrom. Arriva a Parigi all’epoca della campagna antisemita dell’affaire Dreyfus. Diventa famoso e ricco, frequenta celebrità dell’epoca, amministratori coloniali francesi, gerarchi fascisti. La sua fama non lo mette al riparo dalle Leggi razziali del 1938, dalla fuga, dalla deportazione. Il silenzio della frontiera, l’oblio, la negazione del presente, la morte, la vita. Essere in vita, quale vita?

Poi ci sono le rane che cantano. Le rane che sono invisibili e sono ovunque. Animali di passaggio tra la vita e la morte, l’acqua e la terra. Le rane cantano nelle loro cisterne, canti polifonici che raccontano la fiaba del mondo. C’erano, a quei tempi, e ci sono sempre. Testimoni beffardi della storia. Avevo registrato i loro canti, nelle cisterne d’acqua sospese sulla riviera, e sono loro che mi hanno permesso di raccontare questa storia. Sono sempre lì, in vita, come se la morte non le riguardasse, come se l’avessero superata.

 

Regia
Giovanni Cioni
Soggetto
Giovanni Cioni
Sceneggiatura
Giovanni Cioni
Fotografia
Giovanni Cioni
Montaggio
Philippe Boucq
Musica originale
Juan Carlos Tolosa
Suono
Saverio Damiani; Fabio Zenoardo (Presa diretta)
Altri credits

Emmanuel de Boissieu (Mix); Laurent Fénart (Grading)

Produttore
Co-produttore
Isabelle Truc
Produzione
GraffitiDoc in coproduzione con Iota Production, Tag Film, ARTE G.E.I.E. e RTBF
con il sostegno di Film Commission Torino Piemonte - Piemonte Doc Film Fund - produzione dicembre 2018; Toscana Film Commission - Sensi Contemporanei; DG Cinema - Ministero della Cultura; CNC; Tax Shelter Belgio; Fédération Wallonie-Bruxelles
Premi e festival

World première74° Locarno Film Festival; Premio miglior lungometraggio Competizione Internazionale e Premio Tenk alla distribuzione, 62 Festival dei Popoli; Premio Corso SalaniTrieste Film Festival - Alpe Adria Cinema; Play-Doc (Spagna); Annecy Cinema Italien (Francia); Viennale (Austria); SNCCI - Film della Critica 2022; Finalista selezione Miglior Documentario Premio Cecilia Mangini, David di Donatello 2022 

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Ultimo aggiornamento: 17 Maggio 2022